L'istinto del sangue by Jean-Christophe Grangé

L'istinto del sangue by Jean-Christophe Grangé

autore:Jean-Christophe Grangé [Grangé, Jean-Christophe]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788811670339
Google: k7GORAAACAAJ
Amazon: 8811670330
editore: Garzanti
pubblicato: 2010-01-01T00:00:00+00:00


39.

Le quattro del pomeriggio.

Altra telefonata a Plasma Inc.

Eduardo Manzarena non era ancora arrivato. Jeanne si diresse verso la sede della «Prensa». Fu felice di rinfrescarsi nel taxi climatizzato. Gli uffici del giornale erano situati all’altro capo della città. Ebbe tutto il tempo di osservare la capitale.

Il traffico era intenso. E ancora più intensa, ai semafori, l’attività dei venditori ambulanti. Zucchero filato, cani, amache, sigarette, fazzoletti di carta… fra le auto si smerciava qualsiasi cosa. Jeanne notò anche le ragazze che passavano. Capelli raccolti sulla nuca. Visi ovali. Jeans a zampa d’elefante. Il solo tocco personale era il colore dei bustier: turchese, rosa, verde mandorla, giallo girasole… Suo malgrado, Jeanne era invidiosa della loro bellezza, bruna e insieme radiosa, della loro giovinezza, della loro comunanza con la terra, l’aria, il cielo. E anche del fatto che si assomigliassero tutte: parevano condividere un segreto di eterna giovinezza, ma con generosità, senza spirito di competizione.

Al tempo stesso Jeanne respirava qualcosa di più lugubre. Il peso del passato. Dietro i sorrisi e la gentilezza, la popolazione era ancora prostrata dalla violenza del secolo precedente. Il sangue versato non era stato dimenticato. Si viveva in una sorta di veglia funebre permanente. Tre secoli di sfruttamento americano.

Quarant’anni di feroce dittatura. Una rivoluzione. Una controrivoluzione. Tutto ciò per sprofondare in una corruzione larvata, endemica, incurabile… Non c’era proprio da essere ottimisti.

La sede della «Prensa» era un blocco di cemento senz’anima, ma l’archivio era conservato in un pittoresco edificio annesso, con un piccolo patio fiorito e stucchi ornamentali. I vecchi numeri erano memorizzati su microfilm: poteva risparmiarsi le carte polverose e l’odore di inchiostro. Jeanne dovette prima interrogare il capoarchivista, una vera enciclopedia vivente, per orientarsi nelle ricerche. A memoria, l’impiegato selezionò le annate da consultare per prime. Gli anni d’oro di Eduardo Manzarena, il Vampiro di Managua.

Facendo scorrere i microfilm, Jeanne vide passare buona parte della storia recente del Nicaragua. La conosceva già. La tradizione delle repubbliche delle banane, chiamate così perché gli stati dell’America centrale erano diventati fornitori di frutti tropicali totalmente controllati dagli Stati Uniti. Come la maggioranza della gente di sinistra, Jeanne detestava gli Stati Uniti. Globalmente. Arbitrariamente.

Irrazionalmente. Quel paese rappresentava tutto ciò che lei odiava: la violenza imperialista, il consumismo esasperato, la libertà finalizzata esclusivamente al successo. E, soprattutto, l’eliminazione radicale dei deboli e delle minoranze. Non contenti di avere organizzato il genocidio delle popolazioni native nordamericane, gli Stati Uniti avevano anche finanziato le peggiori dittature dell’America Latina.

Con rabbia e al contempo con uno strano piacere, Jeanne si rinfrescò la memoria, soffermandosi su qualche articolo. L’agghiacciante dittatura di Anastasio Somoza Debayle, rampollo di una lunga stirpe di assassini. I morti. Le torture. Gli stupri. I saccheggi. Il tiranno un giorno aveva risposto ai giornalisti che lo interrogavano sulle sue ricchezze: «Che io sappia, ho un unico possedimento. Si chiama Nicaragua». Poi la rivoluzione sandinista, con l’obiettivo dell’alfabetizzazione, della divisione delle terre, del rispetto dei contadini. La speranza, finalmente. Infine la controrivoluzione, finanziata da Ronald Reagan, grazie al traffico d’armi con l’Iran… Orrori. Orrori. Orrori.



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